mercoledì, dicembre 13, 2006

Predlog Italije bez podrške


Iako su se na pripremnom sastanku u utorak čuli predlozi Švedske, Češke i Španije da se liderima EU predloži nova rasprava o Srbiji 22. januara, prevladao je stav članica EU, na čelu s Holandijom, Francuskom, Velikom Britanijom i Irskom da se pregovori ne obnavljaju pre izbora i dok Vlada u Beogradu ne pruži opipljive dokaze o spremnosti i konkretnim potezima o saradnji s Haškim sudom. U zaključcima zasedanja se "pozdravlja napredak Srbije u jačanju kapaciteta državne uprave i makroekonomskoj stabilnosti", uz "poziv za pojačane napore u reformi pravosuđa i jači civilni nadzor nad sektorom bezbednosti".I AP juče javlja da je malo verovatno da će zahtev Italije da Evropska unija nastavi pregovore sa Srbijom o Sporazumu o stabilizaciji i pridruživanju naići na široku podršku na samitu Evropske unije ove sedmice, javlja AP pozivajući se na izjave diplomata, a prenose agencije u Beogradu. Italijanski premijer Romano Prodi uputio je članicama EU pismo s predlogom da se nastave pregovori sa Srbijom, mada Beograd nije ostvario punu saradnju s Haškim sudom.

- Ideja je bila da se Srbiji uputi signal da prizna svoje evropske ambicije, promeni poteze i ne čeka s punom saradnjom s Tribunalom. Ali, tome se protivi veliki broj zemalja - izjavio je češki ambasador u EU Jan Kohout.
S druge strane, Nemačka namerava da u prvoj polovini 2007. godine proces određivanja statusa Kosova prati tako da on pomogne Kosovu, ali i da obezbedi da Srbija i region nastave demokratski razvoj, rekla je u Berlinu savezna kancelarka Angela Merkel. Nemačka, podsećamo, 1. januara od Finske preuzima šestomesečno predsedništvo Unijom. Na čelu EU potom će biti Portugal i Slovenija koje će s Nemačkom činiti trojno predsedništvo do sredine 2008. godine
U razgovoru sa stranim novinarima akreditovanim u Berlinu savezna kancelarka je najavila da će, kada je o rešavanju pitanja Kosova i o stanju na Balkanu reč, posebna pažnja biti posvećena "uspešnoj saradnji EU i NATO, s obzirom na to da treba računati s daljim prisustvom vojnih snaga u regionu".
- Evropa mora da pokaže da je sposobna da preuzme odgovornost na Balkanu - kaže ona.
Prema planu EU posle utvrđivanja statusa Kosova Civilnu misiju Unmik zameniće misija EU čija bi osnova za delovanje bila posebna rezolucija Saveta bezbednosti UN i koja bi imala znatna ovlašćenja.
Inače, na prekjučerašnjem sastanku ministara spoljnih polova EU u Briselu, nastavku pregovora sa Srbijom o pridruživanju najviše su se protivile Britanija, Holandija i Francuska. Radio BBC na srpskom prenosi stav ambasadora Srbije u Parizu Predraga Simića.
- Čini mi se da u Francuskoj postoje dve slike o Srbiji. Jedna je tradicionalna i čini mi se da je u defanzivi, a najčešće se vezuje za Jelisejsku palatu i samog predsednika Republike. Mislim da se to i u ovom slučaju moglo primetiti. Druga slika je ona izgrađena devedesetih godina, naročito pod uticajem tvoraca javnog mnjenja poput Bernara Anrija Levija, Paskala Briknera i drugih, koja je na potpuno suprotnim pozicijama. To se moglo videti i prošle nedelje u žestokom reagovanju upravo te grupe, a iz pera urednice Figaroa Izabel Laser. Oni su izvršili žestok napad na sva eventualna razmišljanja o tome da bi Francuska mogla da presudi u korist Srbije - kaže Simić.

lunedì, dicembre 11, 2006

L’Europa nei Balcani, paradossi e contraddizioni



La politica delle Cancellerie internazionali verso i Balcani continua ad essere confusa, contraddittoria e apparentemente (?) improvvisata.
Anche volendo tralasciare l’atteggiamento rinunciatario e connivente che Europa e America hanno tenuto durante le guerre del 1991 – 1995 (stiamo a guardare) e quello “attivo” del 1999 (attacchiamo a prescindere) non si può rimanere perplessi di fronte alla linea attuale, sempre che una linea vi sia.
In Bosnia il sistema Dayton ha fornito legittimità istituzionale alla contrapposizione etnica, ogni cittadino deve dichiarare – volente o nolente – la “parrocchia” di appartenenza, e il prodotto è una classe politica polarizzata sulle “nazionalità”, e conseguentemente incapace (ma soprattutto non interessata) a ricercare accordi di massima sul futuro assetto del Paese e i suoi (enormi) problemi.
Le ultime elezioni lo hanno dimostrato con chiarezza: pur segnando la sconfitta dei partiti nazionalisti tradizionali (quelli che hanno animato la guerra per intenderci), hanno consegnato le chiavi del potere a “nuovi” (?) soggetti i quali basano però il proprio consenso sulla contrapposizione, tanto quanto chi li ha preceduti.
Inoltre il mantenimento di 14 differenti livelli di Governo, spesso in contrapposizione fra loro, e gelosi delle proprie prerogative blocca sul nascere qualunque tentativo di riforma.
In questa situazione non si intravede alcuna soluzione definitiva e sostenibile sul futuro del Paese, e la stessa presenza internazionale (sempre meno sopportata dal popolo bosniaco) rischia di protrarsi sine die; va inoltre sottolineato il costante aumento dell’influenza di Paesi come Arabia Saudita e Iran, che offrono appoggio e molto denaro, e dove i giovani possono recarsi liberamente, al contrario dell’umiliante e vergognoso muro chiamato Schengen da noi edificato.
Ma le contraddizioni più evidenti si scorgono analizzando la politica europea riguardo Serbia e Kosovo: nel 1999 l’azione militare è stata perseguita senza pensare in alcun modo alla gestione dell’area per il periodo successivo; con la risoluzione 1244 le Nazioni Unite hanno garantito l’appartenenza della piccola provincia alla sovranità della Serbia, ma poi si è preferito cambiare idea, anche in seguito alla pressione esercitata (a mano armata) da una delle parti, che ha dato fuoco alle polveri nel Marzo dell’anno 2004, e ha mostrato una volta di più che nei Balcani la Comunità internazionale alla fine premia chi è più forte, smaliziato e cinico.
All’inizio si è preteso dal Governo kosovaro il rispetto di alcuni standard minimi (minoranze, stato di diritto) per intavolare il confronto sul futuro status della Provincia. Poi si è cambiata opinione, e il prossimo Gennaio (dopo le elezioni politiche in Serbia) verrà annunciata la proposta internazionale a prescindere dal rispetto o meno dei criteri umanitaria.
La soluzione kosovara sarà ambigua (guarda un po’…) e darà al Kosovo l’agognata indipendenza seppur priva di un reale riconoscimento internazionale ( o perlomeno di un seggio alle Nazioni Unite), con una struttura gerarchica sotto l’egida della Comunità Internazionale e sulla falsariga di quanto costruito in Bosnia: insomma un modello vincente…
La Serbia: qui si assiste invece alla logica del “bastone e della carota”; mentre l’accordo di associazione con l’Unione Europea rimane bloccato fino a che non saranno consegnati i criminali di guerra Karadzic e Mladic, si invita il Paese alla Partnership con la NATO (ma non era l’esercito serbo il principale protettore dei famosi latitanti?).
Manca poi il coraggio di dire che il Kosovo è perduto: non lo dice l’Europa (almeno chiaramente), e non lo dicono i politici serbi, che nulla fanno per preparare la propria opinione pubblica (che ha tutt’altro tipo di problemi, assai più seri) all’inevitabile perdita della Provincia.
Questa ambiguità fa si che in Serbia sia stata approvata una nuova Costituzione, pasticciata e confusa, ma contenente nel preambolo l’indiscussa appartenenza del Kosovo alla Serbia, mettendo così d’accordo tanto i democratici (Tadic e Draskovic) quanto i nazionalisti di intensità variabile (Nikolic e Kostunica).
Inoltre il già citato muro di Schengen allontana (e non poco) le simpatie dei serbi per l’Europa, percepita sempre più come ostile e prevaricatrice, a tutto vantaggio di quei nazionalisti che Bruxelles vorrebbe invece combattere.
La situazione come si può ben vedere è complessa, e l’insieme di fattori di scontento, frustrazione e mancanza di prospettive certe per il prossimo futuro potrebbero far ripiombare la Regione Balcanica nel vortice del conflitto, magari con l’appoggio interessato dei nuovi terrorismi e nell’indifferenza stizzita del resto del continente.
Se non ricordo male abbiamo già visto qualcosa di simile quindici anni fa.

Bandiera della Jugoslavia che fu