martedì, gennaio 27, 2009

Memoria, memorie


Oggi, giorno della memoria, riporto una (bella) notizia proveniente da Bruxelles.

Proclamare l’11 luglio il giorno della memoria per il genocidio di Srebrenica, per rendere omaggio ai circa ottomila uomini e ragazzi musulmani che vennero massacrati dalle milizie serbo-bosniache: è quanto propone il Parlamento Europeo con una risoluzione approvata con una maggioranza schiacciante.

Il Parlamento “manifesta il suo pieno appoggio al valido e difficile lavoro del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia e sottolinea che consegnare alla giustizia i responsabili dei massacri di Srebrenica rappresenta un’importante progresso per la pace e la stabilità nella regione”.

Mi permetto di aggiungere che la memoria è un valore fondamentale di convivenza e crescita democratica, ma non può prescindere dalla giustizia, altrimenti diventa soltanto un modo per cercare di ripulirsi la coscienza.

La giustizia va perseguita, con caparbietà e rispetto delle regole.

E ben venga il fatto che ieri la Corte Penale Internazionale, primo tribunale internazionale della storia (istituito nel 1998) ha istruito il suo primo processo.

Un'istituzione nuova, importante, ancora oggi sabotata da tanti grandi paesi (Stati Uniti, Russia, Cina, Israele e purtroppo molti altri) ancora refrattari al rischio che i propri cittadini possano essere chiamati a rispondere davanti ad un Tribunale Internazionale (competente a conoscere a conoscere dei crimini di guerra e contro l'umanità).

Eppure è un passo importante, forse decisivo: e rappresenta il modo migliore di onorare il giorno della memoria, di tutte le memorie, delle tante vittime innocenti brutalmente assassinate dal Male, banale cinico e con tanti volti, dal campo di Auschwitz alle strade martoriate di Sarajevo, Srebrenica e di tanti altri posti di cui non conosciamo neppure il nome, che questo male lo stanno vivendo anche in questo momento.

domenica, gennaio 25, 2009

Spirito olimpico



E poi dicono che lo sport dovrebbe unire..
Intendiamoci: è vero, il problema è che spesso diventa anche un'occasione irripetibile che i peggiori tifosi-bestie sanno cogliere al volo per dare al mondo la peggiore immagine di se. E in area balcanica il fatto è ancora più evidente.
Nell'ultima settimana abbiamo prima assistito agli scontri fra tifosi nel corso del match, valido per gli Australian Open, tra il serbo Novak Djokovic e l'americano di origine bosniaca Amer Dedic, dove tifosi serbi e bosniaci presenti sugli spalti si sono dilettati in un lancio reciproco di sedie e bottiglie, costato il ferimento di una persona. E non è neppure la prima volta: il prestigioso torneo tennistico australiano era già stato teatro di scontri tra serbi e croati nel 2007.
E' noto che in Australia viva una forte comunità di immigrati dalla ex Jugoslavia, certo da non confondersi con qualche decina di ignoranti.
Cambiando sport (e continente), assistiamo poi a vari episodi di intolleranza avvenuti nella città di Zara, teatro dei campionati mondiali di pallamano: prima si cerca di impedire che in città sia esposta la bandiera serba (così come sono esposte le bandiere delle altre rappresentative), poi si registrano casi di vandalismo e aggressione nei confronti di cittadini serbi e macedoni, giunti in città per seguire la manifestazione.
Chi scrive è il primo a ritenere che i fatti citati costituiscano episodi assolutamente marginali e non siano minimamente interpretabili per rappresentare il reale modo di pensare dei popoli europei sudorientali, eppure il fatto che siano sempre questi episodi a far parlare di ex jugoslavi (per lo meno sui nostri provincialissimi media) non può che destare amarezza.

Bandiera della Jugoslavia che fu