giovedì, giugno 21, 2007

O forse no? (Maybe not?)


Just the time to write (yesterday) something positive was happening in the Balkans ( I said we could have seen the glass as "half full") that I read (today) a report issued by Helsinki Committee of Human Rights in Serbia, providing a wiew not so optimistic..
Here it is:

Helsinki Committee: Serbia Stagnates in 2006
Helsinski odbor za ljudska prava u Srbiji

Last year, Serbia stagnated in all segments of political, economic and social life, reports the Helsinki Committee of Human Rights in Serbia in its report Serbia 2006: Human Rights – Hostage of Regressing State. The stagnation, followed with systemic lack of interest to establish efficient human rights protection, doesn’t result solely from the devastation of institutions over the past 20 years, but also of the self-isolation and promotion of the concept of neutral Serbia leaning towards Russia. According to the Helsinki Committee, the process of approximation to European integration is conditioned by many objective limitations. On one hand, Serbia is not capable of adapting to European standards. On the other, the “new political and economic class (the tycoons) is not willing to lose its positions gained over the last two decades”. Pressure and conditioning policies towards Serbia obviously don’t function anymore, states the report, “...having in mind that its political class doesn’t really want to go to Europe and is prepared to sacrifice its European future”. The Report adds that after the last Parliamentary elections, there was a total de-institutionalization of the state. “In spite of clear electoral results, the weakest of the three leading political parties, DSS, now controls, without any legitimacy, all political and social trends, thanks to the support by informal power centres. At the same time, this is the best illustration that Serbia functions as a country of a “’facade democracy’”. Furthermore, concludes the report, Serbia’s disintegration approaches a “dangerous point” of having no support for consolidation of state and society, while the political class – once the status of Kosovo is solved – will continue to seek new enemies and endlessly postpone the constitution of Serbia as a state. The Helsinki Committee adds that, in addition to the impoverishment, the national turmoil and the undefined identity, Serbia “... chose a model of values that moves is further away from the European civilization – a model that promotes intolerance toward the others and diverse (thus towards EU’s multicultural nature), promoting radicalism inside the country”. The 2006 report is divided into eight chapters – “Dismissing the European Options”, “Constitutional and Legal Framework”, “Instruments of Material and Spiritual Oppression”, “Social-Economic Processes”, “Decentralization”, “Final Stages of Status Solving”, “Minorities on the Margins of Society”, and “Stagnation of Foreign Policy”. The full report is available for downloads on Helsinki Committee website.




martedì, giugno 19, 2007

Eppur si muove




Qualcosa si muove nell'area post jugoslava.
Ma andiamo con ordine e partiamo da nord, e segnatamente dalla Croazia, Paese in piena corsa per entrare nel "salotto buono" di Bruxelles.
Intanto apprendiamo con soddisfazione che qualche settimana addietro, il congresso del SDP, il partito socialdemocratico croato, erede del partito comunista, ha designato quale nuovo segretario Zoran Milanovic, un quarantenne molto stimato dalla "base", che ha sbaragliato la concorrenza di personaggi ben più noti e "navigati", come ad esempio l'ex Ministro degli affari esteri Picula, o quello degli esteri Antunovic (già esponenti del Governo presieduto da Ivica Racan, scomparso recentemente).
Questo fatto riveste una certa importanza, poichè potrebbe costituire un importante stimolo al ringiovanimento della classe dirigente nella regione; le elezioni politiche in Croazia peraltro, sono previste per il prossimo autunno.
Altro segnale positivo risiede nella decisione del Tribunale penale per la ex Jugoslavia di trasferire il processo nei confronti di Rahim Ademi e Mirko Norac, generali croati accusati di crimini di guerra contro la popolazione serba, alle autorità croate.
Semaforo rosso invece per la libertà di stampa: la tassazione insostenibile ha infatti bloccato l'attività del "Feral Tribune", il più importante quotidiano indipendente del Paese: non risulta invece che altri mezzi di informazione, assai più accomodanti verso il potere, abbiano patito problemi analoghi.
Spostandoci verso sudest, ovvero in Bosnia, registriamo l'addio del rappresentante speciale della comunità internazionale, (Mr. Dayton per intenderci), il coriaceo tedesco Christian Schwarz Schilling e l'arrivo del suo successore, lo slovacco Miroslav Lajcak.
Nel suo discorso di commiato, tenuto di fronte al Parlamento bosniaco, il rappresentante uscente ha duramente criticato la fase di stallo nel processo di riforma istituzionale ed amministrativa del Paese, indicando quali maggiori responsabili i leader politici, ancora propensi ad utilizzare nazionalismo e contrapposizioni quali strumenti per mantenere il proprio consenso; senza fare nomi Schwarz Schilling si è riferito all'uomo forte di Sarajevo, Haris Silajdzic, e alla sua controparte a Banja Luka, Milorad Dodik.
Difficile dargli torto.
E arriviamo in Serbia dove, nel breve arco di un mese, si è passati dal disastro politico definitivo, (quando sembrava sfumato l'accordo di Governo tra gli esponenti del cosiddetto - a sproposito - fronte democratico, ovvero il Presidente della Repubblica Boris Tadic e il premier uscente Vojslav Kostunica), sancito dalla nomina a Presidente del Parlamento di Nikolic, leader del Partito Radicale (ultra nazionalista) a un contesto del tutto modificato: il nuovo Governo è stato varato, Nikolic rimosso dalla carica e, come per magia, due tra gli ultimi sei super ricercati dal Tribunale Internazionale sono stati individuati, catturati e spediti per direttissima alAja: parliamo di Zdravko Tolmir, ex collaboratore molto stretto del generale Mladic, arrestato in Serbia e di Vlastimir Djordjevic, Generale della Polizia durante il regno di Milosevic, accusato di crimini di guerra commessi nella Provincia serba del Kosovo, arrestato in Montenegro (e anche questa è una notizia), e già in villeggiatura in Olanda.
Gli ultimi accadimenti hanno sensibilmente soddisfatto la Procuratrice del Tribunale internazionale Carla Del Ponte, che - giunta in visita a Belgrado, (addirittura su invito del Governo Serbo), ha elogiato il nuovo Esecutivo, nonchè - roba da non crederci - il Comandante dei servizi segreti, annunciando che la sua relazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sarebbe stata (finalmente) di segno positivo.
Cosa poi puntualmente avvenuta (la relazione è visibile al sito http://www.un.org/icty/pressreal/2007/pr1166e-annex.htm ).
Ma c'è di più: lo scorso 13 Giugno sono ripresi i negoziati tra la Serbia e l'Unione Europea per la definizione degli accordi ASA, ovvero gli Accordi di Associazione e Stabilizzazione, passaggio istituzionale necessario per avanzare la candidatura di un Paese all'ingresso nell'Unione Europea.
Perchè si giunga alla firma degli accordi, sarà comunque dirimentel'impegno serbo ad assicurare alla giustizia internazionale i propri criminali di guerra ancora latitanti, ovvero Stojan Zupljanin, Goran Hadzic e naturalmente i tristemente noti Radovan Karadzic e Ratko Mladic.
Sullo sfondo rimane l'ombra dello status finale del Kosovo, nuovamente in bilico visto la forte pressione della Russia a favore delle posizioni serbe, anche in reazione alle forti pressioni americane a favore della parte albanese: insomma ancora una volta i Balcani diventano una pedina all'interno di un confronto globale tra potenze, e questa si è una brutta notizia, anche in virtù dei precedenti.
La soluzione kosovara sembra comunque congelata, e la stessa Del Ponte ha auspicato una pausa di riflessione nel dibattito sul futuro della Provincia.
Concludendo, la fase attuale è importante, e - come sempre capita nell'area - abbastanza contraddittoria, ma almeno per questa volta, ci sia consentito di vedere il famoso bicchiere "mezzo pieno".

Bandiera della Jugoslavia che fu