A difesa di Belgrado, con la mente e con il cuore
Sono giorni di sofferenza per chi ama Belgrado.
La capitale serba (e di riflesso tutto il Paese) sono tornate al centro dell'attenzione per una serie di gravi episodi di violenza, soprattutto a danni di stranieri. In seguito a uno di questi attacchi indiscriminati ha perso la vita un giovane tifoso francese, il ventottenne Brice Taton, "colpevole" di aver assistito ad una partita di calcio della sua squadra del cuore in una terra straniera.
Nei giorni successivi gli attacchi si sono ripetuti, e alla fine la minaccia squadrista degli hooligans (perchè questi gruppi di giovani violenti sono organizzati all'interno delle tifoserie calcistiche o dei partiti politici estremisti) ha umiliato lo Stato cancellando il gay pride.
Si tratta di un brutto momento, per certi aspetti drammatico ma ritengo opportuno (di più sento il dovere) puntualizzare alcune cose.
Io a Belgrado vado da una vita, e lo faccio spesso (mai quanto vorrei).
Sono stato nella città bianca in tanti momenti che - per uno straniero - avrebbero potuto essere considerati "sensibili" (l'inizio del processo a Milosevic, l'indipendenza del Kosovo) e mai ho avuto problemi.
Sono stato allo stadio a vedere la mia Stella Rossa, ero l'unico italiano in mezzo a migliaia di tifosi, gli avversari erano italiani (il Milan), la partita era sentita ma non è successo nulla.
Chi va a Belgrado non può non innamorarsi delle persone, della loro gentilezza, della loro disponibilità.
E non può esimersi da salutari passeggiate notturne, in una città silenziosa e incredibilmente priva di traffico, che trasmette una sensazione di sicurezza - quasi domestica- che non ho mai sentito in nessun altro posto al mondo, neanche nel mio quartiere a Torino.
Belgrado non è il Bronx: oggi e domani saranno in tanti a Trg Republike; porteranno fiori, porteranno candele, porteranno orgoglio, amore e rabbia.
Guardateli bene quando passeranno, e non scordateveli, perchè Belgrado sono loro.