mercoledì, ottobre 31, 2007

Rumiz, Divjak e i farneticanti



Un bell'articolo di Paolo Rumiz relativo alla figura del Generale Jovan Divjak, serbo, che tuttavia difese Sarajevo dagli assedianti, e quindi simbolo della resistenza dei "giusti" al nazionalismo barbaro, ha scatenato polemiche furiose, da parte della sedicente comunità serba di Trieste.
Riporto le strampalate doglianze di questi signori, e la risposta di Rumiz, cruda ed essenziale, che il sottoscritto, così come penso qualunque altro innamorato della Regione Balcanica, non può che sottoscrivere in pieno.

1. La farneticazione


"Per dovere di cronaca, riteniamo che i nostri lettori debbano essere informati e non disinformati su come i media di propaganda rispondono e gestiscono le campagne di disinformazione nei Balcani. Dopo che sono state ripetutamente ignorate le richieste di diritto di replica all'articolo del Piccolo di Trieste ( Il “Piccolo” di Trieste non concede il diritto di replica ) , crediamo sia giusto pubblicare la risposta da parte del giornalista Paolo Rumiz, indirizzata a Stefano Vernole, della redazione del trimestrale Eurasia. Nessun media permette infatti che, in questo delicato momento storico, si parli delle guerre nei Balcani, perché tutte le bugie costruite in questi lunghi dieci stanno crollando ad una ad una.
Purtroppo, Egregio Paolo Rumiz, nonostante dopo lunghi anni a Srebrenica si stia ancora scavando, ancora non è stata fatta luce su quei fatti, e forse perché evidentemente c'è qualcosa che non va in quella storia, come tutte le storie dal dopoguerra, piene di imbrogli e di falsità. Quello che lei ha dipinto come un leggendario gesto eroico di Divjak, è stato nella storia solo un gesto di macabro etnocidio nei confronti dei serbi di Bosnia che, al momento della guerra balcanica, combattevano per sfuggire al massacro dei mercenari ( Gli eroi consumati dalla propaganda ) .
Oggi siamo tornati e siamo qui non per fare giustizia, perchè la lasciamo al tempo, ma almeno per poter spiegare che un popolo è stato bombardato con uranio impoverito, e saccheggiato.
Ciò che lei oggi scrive, è ancora quello che avete raccontato dieci anni fa, nascondendovi dentro quei monasteri assediati, ma nei consigli di amministrazioni firmavano e scambiavano azioni, Euroclear e titoli, mentre la gente pagava un caro prezzo con la propria vita.
Lei, senza dubbio, ha qualcosa da raccontare, ma cerchi di guardare un po' più in alto e vedrà che non vi è solo il nazionalismo, il fascismo e le cornacchie, vi sono cose che i suoi antenati avevano capito e combattuto, alzando barricate. Oggi questo muro invisibile che avete creato con i vostri sporchi giochi vi ha portato a mentire alla vostra stessa gente, che redigerà una Costituzione Europea "multiculturale" o "multinazionale" che non contiene al suo interno la parola "fratellanza", ma utilizza in compenso per ben 300 volte la parola "Banche". Tuttavia, vi è ancora speranza, perché la gente ha capito e ha già punito le vostre bugie, bocciandovi".

2. La risposta di Rumiz

Tutto falso, penoso e prevedibile.
E tutto conferma, anziché smentire, ciò che scrivo da sempre, e cioè che esiste tuttora quell'accanimento criminale contro la coesistenza tra diversi che quindici anni fa ha portato all'aggressione di Sarajevo, la Gerusalemme d'Europa. Vergogna. Chissà, se avessi scritto in lode del massacratore di innocenti Ratko Mladic questi signori avrebbero plaudito. Potrei parlare di serbi, croati e musulmani, ma mi rifiuto di ragionare in termini etnici, come Divjak. Per me esiste esiste solo il barbaro e il civile, e i serbi che conosco sono gente civile, che si batte in campo aperto, lavora, accoglie e aiuta. Voi, invece, siete le cornacchie di un nazionalismo fascio-comunista che ha portato solo disgrazie ai nostri popoli, dall'Istria alla Grecia. Chiedo solo a questi signori dov'erano quando scrivevo dai monasteri ortodossi assediati in Kosovo o dal tragico esodo dei serbi delle Krajine in direzione della Bosnia, vittime entrambi del grande imbroglio nazionalista. Lo stesso che voi cercate di perpetuare con le vostre bugie.
Paolo Rumiz

Bandiera della Jugoslavia che fu