lunedì, gennaio 11, 2010

Uomini di buona volontà e altri meno



Le cronache balcaniche di inizio anno ci consegnano un nuovo Presidente in Croazia (il terzo nella storia della giovane repubblica) e precisamente Ivo Josipovic, esponente del partito socialdemocratico SDP che ha stracciato il suo diretto concorrente, il pirotecnico sindaco di Zagabria Milan Bandic (anch'egli esponente dello stesso partito fino a poco tempo fa, poi convertitosi al populismo per non essere stato scelto come candidato alla presidenza della repubblica).

Netto il responso delle urne: le schede deposte nelle 8363 sezioni elettorali hanno visto una buona affermazione per Josipovic, che ha raccolto oltre il 60% dei voti.

Priorità del nuovo Presidente saranno un'accelerazione nel processo di ingresso nell'Unione Europea di Zagabria e nuovi rapporti - improntati alla collaborazione - con le vicine Serbia e Slovenia.

Auguri.

Passiamo alla Serbia, il cui Presidente Tadic, in visita ufficiale a Banja Luka "capitale" della Repubblica Serba di Bosnia ha pronunciato un discorso coraggioso, chiedendo al parlamento dei serbo-bosniaci una risoluzione che riconoscesse i crimini commessi a Srebrenica.

Bravo.

E poi le brutte notizie, e restiamo a Banja Luka.

Il premier della RS Milorad Dodik continua imperterrito nelle sue provocazioni di stampo nazionalistico.

L'ultima boutade di questo piccolo Bossi in salsa bosniaca sarebbe quella di organizzare un referendum a favore del trattato di Dayton ma contro i poteri che lo stesso trattato attribuisce a quel cattivone di Valentin Inzko, alto rappresentante di quella comunità internazionale che in Bosnia si trova impantanata, ostaggio dei tanti Dodik che per non perdere il proprio potere clientelare tengono in ostaggio un Paese che deve superare Dayton, deve superare un sistema che obbliga a dividersi, moltiplica i livelli di potere - rendendoli non gestibili - e continua a premiare coloro i quali (di ogni "etnia") hanno distrutto quel Paese.

Ovviamente Dodik ha nuovamente minacciato la secessione della Srpska dal resto della Bosnia.

Posto che Belgrado a difendere un siffatto personaggio non ci pensa neppure sarebbe auspicabile - esercitando i poteri di Dayton - una sua rapida rimozione dall'ufficio.

Bandiera della Jugoslavia che fu