Bosnia al voto
Il prossimo I Ottobre la Bosnia Erzegovina affronterà le elezioni politiche, e si tratta di un appuntamento che potrebbe essere cruciale non solo per Sarajevo ma anche per gli equilibri del resto della regione balcanica.
I problemi sul tappeto sono gli stessi degli ultimi anni (mancanza di infrastrutture, trasporti, investimenti stranieri, disoccupazione altissima e solo per citare i principali) ma la novità risiede nel fatto che la classe politica bosniaca, per la prima volta dopo il conflitto, non dovrà più convivere con la presenza (ingombrante e sempre meno accettata) dell’Alto rappresentante della comunità internazionale, (attualmente l’austriaco Christian Schwarz-Schilling) il cui Ufficio chiuderà i battenti entro la fine dell’anno prossimo.
La politica bosniaca, salvo una parentesi alla fine degli anni novanta, è sempre stata monopolizzata dai partiti nazionalisti, (uno per ogni etnia, e nella fattispecie SDA per i musulmani, HDZ per i croati e SDS per i serbi), principali artefici prima e approfittatori dopo della guerra civile.
Questi partiti non sembrano in grado di trovare un accordo che vada oltre la spartizione del potere sul proprio gruppo etnico e trasformi finalmente la Bosnia da protettorato internazionale (quale ancora è) in Stato indipendente, sovrano e – soprattutto – percepito come tale dai propri cittadini.
D’altronde il loro interesse non va in questa direzione: il nazionalismo esasperato ha sempre rappresentato per essi tanto una forma di legittimazione agli occhi della propria opinione pubblica, (l’unica, anche per mascherare il fallimento disastroso della loro politica) quanto l’unico modo di sopravvivere in un contesto istituzionale (il cd “sistema di Dayton”) che ha imposto per legge l’appartenenza ad un “gruppo nazionale”, e ha creato una struttura costituzionale il cui funzionamento non è neppure pensabile.
La popolazione bosniaca è sempre più sfiduciata e non vede prospettive: soprattutto i giovani evitano ogni coinvolgimento con il mondo politico, e questo non può che accrescere ulteriormente il rischio di una società ancora più chiusa e sotto il controllo di pochi – e discutibili – personaggi.
Il contesto generale poi, è ancora più difficile, con un Occidente in crisi che incomincia un lento ma inesorabile disimpegno, e una questione Kosovo ormai prossima alla più scontata delle definizioni, (con possibili conseguenze sulla stabilità della stessa Bosnia).
Senza dimenticare che la pressione (politica ed economica) di alcuni Paesi (Iran, Arabia Saudita e altri) è sempre più marcata su Sarajevo: le conseguenze possono essere rischiose.
La Bosnia è stata – durante il conflitto – la dimostrazione lampante dell’inadeguatezza politica delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea: ora è giunto il momento di mostrare se l’Europa è pronta a fare politica estera e in che modo, perché da Sarajevo passa il destino del popolo Bosniaco ma forse, e troppo spesso ce ne dimentichiamo, la questione riguarda anche casa nostra.
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