lunedì, agosto 24, 2009

La Jugosfera


Qual è lo stato reale dei rapporti fra i vari Stati che hanno preso vita dalla dissoluzione della vecchia Jugoslavia?
Le cronache tendono sempre a riportare gli episodi (purtroppo ancora numerosi sebbene spesso marginali) indici di quella che sembrerebbe una conflittualità politica permanente, incapace di superare – anche solo a livello mentale ed emozionale - il conflitto degli anni novanta e di programmare forme di cooperazione e di mutua assistenza anche in considerazione del fatto che – seppur fortemente ridimensionata dai conflitti – la presenza nei vari Stati di forti minoranze appartenenti ad altre famiglie della vecchia Federazione rimane un dato attuale e politicamente significativo.
Chi scrive nota che da qualche anno è in corso una significativa inversione di tendenza: pur nella difficoltà di rapporti politici segnati dalla eccessiva influenza del nazionalismo in tutte le realtà politiche postjugoslave (si pensi alle stucchevoli polemiche confinarie fra Zagabria e Lubiana, o allo stallo della situazione politica in Bosnia Erzegovina) si assiste ad un forte incremento e a una ripresa dei rapporti economici e commerciali fra le vecchie repubbliche, cominciata "dal basso" ovvero dagli attori economici che in prima persona – e spesso nell’ostilità del proprio nuovo contesto “nazionale”- sono andati a riscoprire il vecchio mercato e la vecchia clientela in un paese magari percepito ancora come un nemico.
Il processo, naturale e conveniente, sta finalmente trovando un riconoscimento a livello istituzionale, attraverso forme di collaborazione virtuosa fra vecchi nemici che hanno portato a risultati clamorosi (come l’arresto del capo dei capi della mafia balcanica Sreten Jocic meglio noto come “Joca Amsterdam” nello scorso mese di Aprile) e rappresentano una necessità di fronte ad un’Europa destinata ad accogliere (in tempi non eccessivamente brevi data la pochezza politica delle leadership europee) tutti i territori un tempo riuniti sotto il tricolore titino in un mercato troppo competitivo per le aziende postjugoslave, che mai come ora devono recuperare una dimensione almeno regionale (che poi era la dimensione domestica fino al 1991) così da competere – o almeno sopravvivere - nel mercato comune europeo.
Il fenomeno si diceva non è solo economico, ma anzi ha i suoi aspetti più curiosi nei rapporti individuali e collettivi tra (ex) concittadini: vi è già nei fatti una comunità di quasi trenta milioni di individui che parlano la stessa lingua (con differenze marginali), ascolta la stessa musica, mangia lo stesso cibo, condivide una giovinezza e valori comuni e non ha più paura ad ammetterlo.
Oggi è normale vedere manifesti dell’ente croato per il turismo nel pieno centro di Belgrado invitare i cittadini serbi a tornare nei luoghi di villeggiatura di una vita, così come vedere ragazzi croati che impazziscono per la musica turbo folk serba (tradizionalmente un simbolo nazionalista molto forte).
Parlo di tutto questo per segnalare un bel pezzo dell’Economist (dal titolo “Entering the Yugosphere”) che dice più o meno le stesse cose e rivela un fenomeno che – assieme a tanti altri “balcanisti” – avevamo già registrato da tempo ma che va incoraggiato e consolidato.
Non per rifare uno Stato già definitivamente consegnato alla memoria storica (seppur debitore di una riflessione approfondita sulle cause che ne hanno determinato la scomparsa violenta), ma per restituire competitività economica a un sistema regionale e solidarietà di intenti a popolazioni troppo simili per essere davvero diverse, ansiose di lasciarsi definitivamente alle spalle la pazzia criminale che le ha costrette a dilaniarsi fra loro.
Non nascerà una nuova Jugoslavia è ovvio, ma – come sostiene l’Economist – la Jugosfera è già realtà, e in tanti ne siamo davvero compiaciuti.

6 Comments:

At 11:14 AM, Blogger Sajkaca said...

Una previsione un po'molto ottimista....
Ho l'impressione che anche se gli affari vanno fatti anche con il nemico, è solo per puro scopo economico...e non per "avvicinarsi mentalmente" al vicino...come a noi in occidente piacerebbe credere!

 
At 3:13 PM, Blogger Unknown said...

Certo,
non è tutto rose e fiori ma noto un riavvicinamento costante, sia a livello pubblico che individuale; speriamo si continui..
Comunque bentornata mrs architetto ;)

 
At 2:08 PM, Blogger Riccardo said...

Sono d'accordo con Šajkača.
Del resto, da che mondo e mondo, pecunia non olet.
La speranza rimane nelle nuove generazioni.
Speriamo che il nazionalismo che e' stato volutamente esasperato da tutte le parti in guerra, possa sopirsi un poco.
Non tanto (magari) per una volonta' di cooperazione, quanto per una volonta' di sviluppo nazionale.

 
At 4:06 PM, Anonymous Andre said...

Buongiorno a tutti,

non parlo molto bene italiano, ma spero che lo capiate…

Forse la nuova Iugoslavia è un sogno ma io ancora credo nella nazione iugoslava.
Ci è molta gente dalle cosiddette unioni mesclati e a causa dei loro antenati non possono fare parte di divisione nazionale o religiosa esistente. Sono un esemplo tipico. Il mio un nonno era un musulmano dalla Bosnia ed altro era sloveno. La mia nonna era croata. Vivo a Belgrado…
Posso solo essere uno yugoslavo.

Un abbraccio grande da Belgrado!

 
At 2:42 PM, Blogger Riccardo said...

E' bello quello che hai scritto!!!
Grazie Andre e salutami Belgrado!

 
At 11:32 AM, Blogger Unknown said...

Andre
1) smatram se da je tvoje misljenje savrseno
2) tvoj italijan je gotovo bolje nego moj srpski(hrvatski/bosanski/crnogorski)
Hvala za tvoj doprinos i pozdravi nama Beograd, koji je uvek u mom srcu!

 

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