Frammenti di un viaggio
Un viaggio
Il cammino che porta a Zagabria parte da Trieste, in un pomeriggio soleggiato. Il treno da Torino è arrivato da pochi minuti, ma fortunatamente le stazioni ferroviaria e quella degli autobus sono contigue e rendono la coincidenza possibile.
In effetti è un viaggio abbastanza lungo e complicato (c’è da cambiare treno a Mestre, prendere un regionale, sperare che non porti ritardo, e infine recarsi in autostazione, comprare il biglietto e partire).
E se si è affronta un percorso così strampalato non lo si deve solo ad un pessimo rapporto con gli aerei (come per il sottoscritto), ma anche alla decisione della (defunta non rimpianta e infine resuscitata) compagnia di bandiera di cancellare i voli da Malpensa per la Croazia (almeno per Belgrado c'è la mitica Jat, e ne parleremo) e di conseguenza le alternative si riducono al nostro pullman (uno al giorno!), che parte dalla città giuliana alle cinque del pomeriggio e arriva nella capitale croata in serata, tra le nove e le dieci, a seconda dell’umore delle polizie di frontiera (croata e slovena: il confine tra il Belpaese e la Slovenia, con l’ingresso di quest’ultima nel mondo fatato di Schengen è stato smantellato), o ad un treno notturno che parte da Venezia e ci mette una vita ad arrivare.
L’autostazione ti suggerisce già un profumo di Balcani: da qui si arriva in tutta l’Europa Orientale, e la lingua che sentirete parlare è il buon vecchio serbo-croato (o una delle due, se siete tra coloro i quali pensano siano due lingue diverse).
Le frontiere: sono qualcosa a cui sono allergico per ragioni genetiche e ideali, (anche se mi attraggono, ti danno la sensazione inebriante di lasciare un mondo consciuto per scoprirne uno nuovo) e nei Balcani riescono a esprimere tutta la propria ottusa inutilità; ma rappresentano anche un termometro attendibile delle stato delle relazioni politiche tra i poteri dei vari Stati (non tra i popoli chè con la politica oramai non hanno proprio più nulla a che vedere, e non parlo solo di ex Jugoslavia intendiamoci): prendiamo la frontiera di Dobova; qui non salgono i poliziotti (sloveni) sull’autobus (croato) per il controllo dei documenti.
Eh no, troppo facile.
Meglio fare scendere tutti i passeggeri, farli camminare per venti metri, mostrare i propri documenti a un poliziotto che neanche li guarda e risalire sul mezzo che intanto è stato fatto avanzare di cinquanta metri…
Io l’ho interpretata come una “pausa sigaretta”, che ho fumato beatamente appoggiato a un grosso segnale che indicava il divieto di fumo nell’area di frontiera.
Ripartiamo, senza che nessuno si interessi al nostro bagaglio (e ai quattro litri di vino italiano contenuti dalla mia valigia, souvenir per gli amici serbi).
Dimenticavo: il nostro bravo autobus Trieste – Zagabria, griffato CroatiaBus parte ogni mattina (alle cinque!) dalla capitale croata e dalla città giuliana riparte alle cinque del pomeriggio; spesso è un pullman dello shopping, argomento di cui conversano le signore croate a bordo per tutto il viaggio, confrontando prezzi, scelte e idee per il prossimo “tour”.
Il viaggio è comodo, attraverso un’autostrada che si snoda tra paesini immersi nel verde e adagiati sotto grandi montagne, una cartolina che sembra provenire dal Tirolo, ma è la Slovenia che per di più ha il mare (quanto mare lo scopriremo quando si saranno messi d’accordo con i croati, magari evitando di usare l’appartenenza alla Ue per ricattarli chè sarebbe patetico se non fosse fastidioso, e profondamente anti europeo).
Zagreb
Si presenta che è già sera.
Come racconterò più avanti la città è una sfavillante e magnifica capitale europea, e solo la periferia tradisce ancora i ricordi del passato “comunista”, negli anonimi palazzi “formicaio”: anzi tradiva, perchè anche in questa zona sono sorti nuovi edifici, moderni e gradevoli, luminosi e accattivanti.
Anche in questo Zagabria (e Lubiana) sono molto diverse dalle altre grandi città della regione.
La stazione degli autobus invece, di accattivante non ha proprio niente, e anche per uno “jugoslavo” come il sottoscritto appare decisamente grigia e un po’ confusa, ma basta uscire, recarsi in Drziceva, prendere uno dei mitici tram zagrebesi (il numero 6), e in pochi minuti si arriva in piazza Jelacic, il cuore pulsante della Zagabria moderna.
(… continua)
Il cammino che porta a Zagabria parte da Trieste, in un pomeriggio soleggiato. Il treno da Torino è arrivato da pochi minuti, ma fortunatamente le stazioni ferroviaria e quella degli autobus sono contigue e rendono la coincidenza possibile.
In effetti è un viaggio abbastanza lungo e complicato (c’è da cambiare treno a Mestre, prendere un regionale, sperare che non porti ritardo, e infine recarsi in autostazione, comprare il biglietto e partire).
E se si è affronta un percorso così strampalato non lo si deve solo ad un pessimo rapporto con gli aerei (come per il sottoscritto), ma anche alla decisione della (defunta non rimpianta e infine resuscitata) compagnia di bandiera di cancellare i voli da Malpensa per la Croazia (almeno per Belgrado c'è la mitica Jat, e ne parleremo) e di conseguenza le alternative si riducono al nostro pullman (uno al giorno!), che parte dalla città giuliana alle cinque del pomeriggio e arriva nella capitale croata in serata, tra le nove e le dieci, a seconda dell’umore delle polizie di frontiera (croata e slovena: il confine tra il Belpaese e la Slovenia, con l’ingresso di quest’ultima nel mondo fatato di Schengen è stato smantellato), o ad un treno notturno che parte da Venezia e ci mette una vita ad arrivare.
L’autostazione ti suggerisce già un profumo di Balcani: da qui si arriva in tutta l’Europa Orientale, e la lingua che sentirete parlare è il buon vecchio serbo-croato (o una delle due, se siete tra coloro i quali pensano siano due lingue diverse).
Le frontiere: sono qualcosa a cui sono allergico per ragioni genetiche e ideali, (anche se mi attraggono, ti danno la sensazione inebriante di lasciare un mondo consciuto per scoprirne uno nuovo) e nei Balcani riescono a esprimere tutta la propria ottusa inutilità; ma rappresentano anche un termometro attendibile delle stato delle relazioni politiche tra i poteri dei vari Stati (non tra i popoli chè con la politica oramai non hanno proprio più nulla a che vedere, e non parlo solo di ex Jugoslavia intendiamoci): prendiamo la frontiera di Dobova; qui non salgono i poliziotti (sloveni) sull’autobus (croato) per il controllo dei documenti.
Eh no, troppo facile.
Meglio fare scendere tutti i passeggeri, farli camminare per venti metri, mostrare i propri documenti a un poliziotto che neanche li guarda e risalire sul mezzo che intanto è stato fatto avanzare di cinquanta metri…
Io l’ho interpretata come una “pausa sigaretta”, che ho fumato beatamente appoggiato a un grosso segnale che indicava il divieto di fumo nell’area di frontiera.
Ripartiamo, senza che nessuno si interessi al nostro bagaglio (e ai quattro litri di vino italiano contenuti dalla mia valigia, souvenir per gli amici serbi).
Dimenticavo: il nostro bravo autobus Trieste – Zagabria, griffato CroatiaBus parte ogni mattina (alle cinque!) dalla capitale croata e dalla città giuliana riparte alle cinque del pomeriggio; spesso è un pullman dello shopping, argomento di cui conversano le signore croate a bordo per tutto il viaggio, confrontando prezzi, scelte e idee per il prossimo “tour”.
Il viaggio è comodo, attraverso un’autostrada che si snoda tra paesini immersi nel verde e adagiati sotto grandi montagne, una cartolina che sembra provenire dal Tirolo, ma è la Slovenia che per di più ha il mare (quanto mare lo scopriremo quando si saranno messi d’accordo con i croati, magari evitando di usare l’appartenenza alla Ue per ricattarli chè sarebbe patetico se non fosse fastidioso, e profondamente anti europeo).
Zagreb
Si presenta che è già sera.
Come racconterò più avanti la città è una sfavillante e magnifica capitale europea, e solo la periferia tradisce ancora i ricordi del passato “comunista”, negli anonimi palazzi “formicaio”: anzi tradiva, perchè anche in questa zona sono sorti nuovi edifici, moderni e gradevoli, luminosi e accattivanti.
Anche in questo Zagabria (e Lubiana) sono molto diverse dalle altre grandi città della regione.
La stazione degli autobus invece, di accattivante non ha proprio niente, e anche per uno “jugoslavo” come il sottoscritto appare decisamente grigia e un po’ confusa, ma basta uscire, recarsi in Drziceva, prendere uno dei mitici tram zagrebesi (il numero 6), e in pochi minuti si arriva in piazza Jelacic, il cuore pulsante della Zagabria moderna.
(… continua)
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