SERBIA: NUOVA COSTITUZIONE 1
(Da ANSA Balcani)
BELGRADO - La commissione elettorale serba ha comunicato oggi che, con il 98,8 per cento delle schede scrutinate, la nuova costituzione che sancisce la sovranita' serba sul Kosovo ha ottenuto il 52,31 per cento di si' degli aventi diritto al voto.
Alle urne si e' recato il 54,19 per cento e quindi, tra chi ha votato il si' ha raccolto oltre il 95 per cento dei voti. I risultati ufficiali saranno pubblicati il 2 novembre.
Un quorum risicato, conseguito sul filo di lana, ha sancito domenica sera la vittoria dei si' nel referendum sulla nuova Costituzione della Serbia, nel cui testo si dichiara intangibile - contro tutto e tutti - la sovranita' di Belgrado sulla provincia a maggioranza albanese del Kosovo.
Un risultato atteso, ma messo in ombra da un'astensione rivelatasi piu' alta del previsto, a dispetto della pressante azione di propaganda svolta a favore del si' da quasi tutto l'establishment della maggiore repubblica ex jugoslava. Qualcosa di molto simile a uno schiaffo all'attuale classe dirigente - secondo i primi commenti - che rischia di fare precipitare la crisi politica latente di un Paese tuttora in bilico fra nuove aspirazioni europee e persistenti echi del passato e di togliere forza alle stesse rivendicazioni sul Kosovo, in un clima di apatia che il tradizionale richiamo al patriottismo e' riuscito a scuotere stavolta solo in misura limitata.
In base ai dati preliminari diffusi domenica sera dal centro demoscopico indipendente Cesid, emerge che la Carta fondamentale - destinata a sostituire quella varata a suo tempo dal regime del frattanto defunto Slobodan Milosevic, deposto nel 2000 - ha ottenuto l'assenso del 51,6% del corpo elettorale: 1,6% oltre la soglia minima imposta dalla legge. Il tasso di partecipazione e' stato di poco superiore al 53%, mentre fra coloro che si sono recati ai seggi (tenuti aperti insolitamente per due giorni interi) il totale dei si' e' stato pari addirittura al 95%.
Una valanga che ha permesso al primo ministro Vojislav Kostunica e a tutti i promotori della consultazione di tirare un sospiro di sollievo e di evitare - sia pure in extremis - il clamoroso fallimento di un quorum mancato. E ha dato il via a qualche festeggiamento almeno tra cio' che resta della minoranza serba del Kosovo, dove la gente dell'enclave di Kosovoska Mitrovica - divisa dalla comunita' albanese da un ponte ormai militarizzato - e' scesa in strada protetta dai militari del contingente internazionale della Kfor.
''E' un momento importante'', ha commentato a tarda sera Kostunica. ''La Serbia ha mostrato chiaramente di volersi proteggere come Stato'', ha aggiunto: uno Stato di cui ''il Kosovo e' parte integrante''.
Il testo approvato modifica la struttura istituzionale del Paese e fissa una serie di principi democratici che dovrebbero segnare una cesura con il passato. Esso inoltre definisce la Serbia come ''uno Stato indipendente'' prendendo atto della disgregazione delle sei ex repubbliche federali della vecchia Jugoslavia, conclusosi nei mesi scorsi con il distacco da Belgrado anche del piccolo Montenegro. Rifiuta viceversa di riconoscere ogni ipotesi di divorzio del Kosovo: provincia autonoma posta di fatto sotto tutela Onu fin dalla guerra del 1999 e di cui la maggioranza albanese pretende la piena indipendenza; ma sulla quale la nuova Costituzione reclama il mantenimento della sovranita' nel nome di un legame secolare con una terra ritenuta culla della civilta' e della fede serbe.
Approvata all'unanimita' dal Parlamento - con il sostegno di tutti i principali partiti, da quelli della coalizione del governo Kostunica, agli ultranazionalisti e all'opposizione liberal-europeista del Partito Democratico del presidente Boris Tadic - la Carta ha trovato ben pochi oppositori. La campagna per il si' e' stata insistente e senza risparmio di mezzi, mentre la stesse giornate elettorali hanno visto sfilare ai seggi, sotto la luce delle telecamere, leader, personaggi noti e i maggiori dignitari religiosi del Paese: dall'influente patriarca ortodosso Pavle, che a 92 anni ha votato per la prima volta in vita sua, all'arcivescovo cattolico, al mufti' islamico e al rabbino capo di Belgrado.
Un coro che in certi momenti e' sembrato liquidare i fautori del no quasi alla stregua di traditori: evocando ''conseguenze incalcolabili per la patria'' - come ha fatto Kostunica - in caso di sconfitta del si'; o persino ''una catastrofe nazionale e un regalo ai separatisti albanesi e ai loro mentori internazionali'', secondo le parole del tribuno ultranazionalista Tomislav Nikolic.
Un coro al quale ha fatto da controcanto solo l'invito al boicottaggio del piccolo Partito liberal-democratico di Cedomir Jovanovic e di qualche sparuta organizzazione per i diritti umani, contrari a un testo ritenuto declamatorio sul Kosovo, incline al nazionalismo e non sufficientemente garantista in materia di liberta' individuali e separazione dei poteri.
In tanta sproporzione di forze rimane tuttavia alla fine la diserzione di meta' dell'elettorato. Segno di un malcontento diffuso per le promesse mancate del dopo-Milosevic e di una attenzione ai problemi quotidiani - sociali, economici e di sicurezza - che sembra far premio sui sentimenti verso il Kosovo e sulle recriminazioni contro una deriva secessionistica che a molti pare comunque ormai difficile da sventare.
''L'astensione, in questi termini, rappresenta uno schiaffo all'elite politica del Paese'', ha rilevato Slobodan Antonic, analista liberal-moderato tutt'altro che ostile alla nuova Costituzione. ''Un serio ammonimento'', ha rimarcato, in vista di quelle elezioni generali messe in cantiere per il dopo- referendum (probabilmente entro l'anno). E il cui esito si profila piu' nebuloso che mai.
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